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Nuovo CD - "In honore Sanctissimae Sindonis"

È curioso constatare come la S. Sindone sia una delle poche reliquie affidate ad una istituzione musicale: dal XV sino alla fine del XVI secolo alla Cappella musicale savoiarda è infatti attribuita la responsabilità della sua custodia.

Anna di Lusingano, moglie di Ludovico di Savoia, la ricevette nel 1453, dopo circa un secolo di permanenza a Lirey, da Margherita, l'ultima discendente degli Charny.
Diventati proprietari della Sindone, i duchi di Savoia, non avendo ancora un'unica residenza stabile se la portarono dietro, nei loro frequenti spostamenti, sino a quando la collocarono a Chambéry, stabilendo lì la loro capitale.

Il definitivo spostamento avverrà nel 1578 a Torino (da 16 anni nuova capitale del Ducato dei Savoia) per ordine di Emanuele Filiberto, per abbreviare all’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, il faticoso e lungo viaggio che vuole intraprendere allo scopo di venerare la Sindone, in adempimento di un voto fatto per la liberazione di Milano dalla peste.

Il papa Giulio II con una bolla datata 25 aprile 1506 autorizzò l’Ufficio e la Messa solenne del Santo Sudario in tutte le chiese del Ducato di Savoia, fissando la festa liturgica il 4 maggio, il giorno dopo a quello della Santa Croce. Più tardi, Leone X estenderà tale festa all'intera Savoia e Gregorio XIII al Piemonte.

Già dalla fine del XV secolo è testimoniato il culto della Sindone, tanto che il Proprio della Messa è presente in un Messale stampato a Ginevra nel 1491 ed Uffici annotati in onore del Santo Sudario, presenti in alcune chiese della Moriana, ricordano le numerose ostensioni avvenute durante i viaggi che la Cappella Ducale compiva durante il periodo di maggior mobilità della corte sabauda.

La devozione per la Sindone era profonda ed incideva non solo nella vita della Cappella o della corte, ma anche nella vita quotidiana del popolo, sia in Savoia che in Piemonte. Nel 1524 si definì un Ufficio in onore della reliquia da recitarsi tutti i venerdì dal Capitolo della Sainte-Chapelle a Chambéry.

La diffusione del culto avvenne grazie all’azione di francescani e domenicani: membri di questi ordini erano consiglieri dei Duchi di Savoia e intervennero personalmente alle predicazioni, processioni, rappresentazioni sacre incentrate sulla Passione di Cristo. Nella Sindone si riflette l'immagine della sofferenza umana: questo telo è considerato non solo come candida veste per il Signore, ma anche per tutta la Chiesa. Il lenzuolo semplice ed essenziale richiama l'umiltà del cuore puro che accoglie Cristo; contro ogni sfarzo e ostentazione di ricchezza.

Nella loro semplicità i canti gregoriani proposti in questo repertorio richiamano alla mente la sofferenza di Cristo e ricordano la partecipazione di Maria a questo dolore.
Anthoine Pennet, un domenicano di Chambéry, fu l’autore del primo Ufficio che fu stampato fra il 1506 ed il 1507 a cura di Jean Belot: i testi sono parafrasi di brani scritturali riguardanti la Passione, o profezie, o figure in qualche modo rapportabili ai fatti della sepoltura di Gesù.

Fra il canto dei Vespri (Pro festo S.mae Sindonis Taurinensis ad vesperas) e quello della Messa (Missa pro Festo S.mae Sindonis), si eseguono alcuni brani tratti dal repertorio gregoriano classico, scelti dai formulari liturgici più significativi della Quaresima. La tematica rimbalza fra due posizioni: la supplica del credente provato dalla sofferenza umana, già condivisa da Cristo, e l’ubbidienza di quest’ultimo, ubbidiente fino alla morte sulla croce.

Gli ultimi canti, poi, sono più tardivi e testimoniano nuove forme come il tropo e la sequenza, nonché i primi contrappunti polifonici: essi raccontano invece il riscatto dalla morte e la speranza che nasce dalla Resurrezione.

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